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Quattro dubbi (e relative risposte) sui tagli inglesi all’Università

(conversazione con Paolo Perini per Fujiko International)

radio citta fujiko international

Ci spieghi in cosa consiste quel teaching budget che verrà tagliato del 40% e cosa cambierà in futuro, soprattutto per il Department of Education and Science?

E’ bene dare un po’ di background, prima di rispondere alla domanda. Dopo il voto di dicembre, in un giorno anch’esso segnato dalle proteste studentesche fuori da Westminster, le università inglesi avranno il potere di aumentare le tasse d’iscrizione dalle attuali 3,300 sterline annuali, o poco più, fino a £6,000; la cifra può salire fino a £9,000 in casi eccezionali. Come è prevedibile, l’eccezione tenderà a diventare regola.

La media si dovrebbe attestare intorno alle £7,500 annuali per un corso undergraduate. Questo, almeno, quanto spera il governo. Più avanti vedremo il perchè.

big society in piazza virginia fiume
Big Society in piazza - Photocredit: Virginia Fiume

La spending review ha tagliato il budget universitario da £7.1bn a £4.2bn (entro il 2014). I tagli previsti per il 2011-2012 sono intorno ai £680 milioni. L’aumento delle tasse è semplicemente spiegabile: il governo taglia i fondi, ma allo stesso tempo permette alle università di trovarne di nuovi in altre maniere.

Come? Dando alle università la possibilità di alzando la decima d’iscrizione.

Nei piani di Clegg e Cameron, gli studenti che desiderano ricevere una istruzione di primo livello riceveranno mutui a tasso agevolato facilitati dall’esecutivo, ripagabili a seconda degli introiti del future lavoro dello studente. I laureati inizieranno a ripagare i loro mutui a partire dal momento in cui inizieranno a guadagnare più di £21,000.

Il teaching budget, quello tagliato del 40%, è usato per sovvenzionare i corsi universitari. I corsi universitari, oltre a ricevere fondi dal teaching budget, si avvalgono di un addizionale ‘premio per studente’ che va dai £2,641 ai £14,494 per iscritto, a seconda dal corso. Stando a Steve Smith, vicecancelliere della Exeter University e presidente di Universities UK, “l’insegnamento verrà più colpito dai tagli rispetto alla ricerca”.

 

E’ probabile che arts and humanities siano i settori più colpiti dalla scure di Osborne. Si prevede che i tagli al teaching budgets colpiranno di più gli studenti di arts and social science, di modo da proteggere materie considerate “strategically important and vulnerable,” come quelle scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, matematiche e linguistiche.

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Proteste 'colorite' fuori dal Parlamento in occasione del Budget Day - Photocredit: Gianluca Mezzofiore

Perché proprio la Gran Bretagna che ha sempre investito nell’istruzione e nella ricerca ora smentisce se stessa e applica la scure dei tagli anche a queste fondamentali istituzioni. Anche là i tagli sono accompagnati da una revisione del sistema scolastico come in Italia?

Stando al governo inglese, non è proprio così.

Cameron e Osborne sostengono che tasse universitarie più alte permetterano un aumento degli investimenti nel settore del 10% già dal 2014. Il modello però si basa sull’assunto che le università applichino una tassa media di 7,500 sterline annuali. Si sostiene che più ragazzi provenienti da famiglie disagiate potranno avere accesso all’istruzione superiore in quanto avranno meno da pagare al momento dell’iscrizione. Questo sarebbe reso possibile grazie ad un sistema di mutui ripagabili solo dal momento in cui il neolaureato trova lavoro e inizia a guadagnare più di £21,000 all’anno.

Il governo inoltre intende multare le università di £3,750 per ogni studente iscritto oltre il limite massimo consentito. Una misura atta a scoraggiare speculazioni da parte degli atenei, ovviamente.

Tutte queste misure sono state definite un ‘calcio nei denti’ dalla University and College Union. Non si tratta di una vera e propria riforma strutturale quanto di una modifica del sistema di finanziamento universitario – al ribasso, tuttavia, visto l’enorme deficit accumulato negli anni dai governi laburisti.

I tagli per quest’anno sono parte di un piano generale che prevede riduzioni per un totale di un miliardo di sterline. Il Department for Business, Innovation and Skills deve cercare di reperire fondi altrimenti, questo è ovvio.

Alcuni analisti e commentatori prevedono la fine degli studi tradizionali, qui nel Regno Unito. Il White Paper, il decreto messo per adesso in stand-by dal governo che dovrebbe portare ad una più strutturata riforma universitaria, potrebbe riproporre (nella sostanza, anche se non formalmente) la famigerata divisione fra università e politecnici professionalizzanti. La frattura a livello del tessuto sociale che ne consegue è facilmente intuibile.

Le vibranti e violente proteste degli studenti non si sono fatte attendere. Credi che questi tagli all’istruzione pubblica possano svantaggiare chi ha meno soldi e avvantaggiare chi ha redditi più elevati e che quindi può pagare per i propri figli un istruzione privata?

Come ho già detto, il governo sostiene una cosa, sindacati e associazioni di categoria un’altra. Qual è il problema, secondo Mike Baker della BBC? Semplice: l’aumento delle tuition fees finirà per pesare molto di più sulle spalle dei contribuenti, soprattutto se le università dovessero ritoccarle verso il massimale di £9,000. Come mai? Anche qui, la risposta è intuibile.

Il nuovo sistema di mutui implica che il governo si impegna a farsi carico delle spese di istruzione dei più poveri, prestando loro del denaro ‘sulla fiducia’. Questi, tuttavia, potrebbero arrivare a non ripagare mai il debito contratto.

Stando alle ultime stime ufficiali, il 70% rischia di non farcela a restituire il denaro prestato. Una sorta di ‘maxi-obolo’ in più per i taxpayer di Sua Maestà.

Photocredit: Virginia Fiume

Intanto il fronte delle università che alzeranno le tasse fino al tetto massimo dei 9,000 si allarga, mettendo in cisi un sistema che si basa sull’assunto che la media si attesti intorno ai settemila e qualcosa pound.

Le prime crepe nel castello di sicurezze di Osborne si fanno vedere. L’incertezza sul costo totale dell’operazione ha fatto sì che il White Paper sul futuro del sistema universitario inglese sia stato rimandato a tempi migliori. Se la media delle tasse infatti si dovesse  alzare sopra la soglia dei £7,500, Osborne sarà costretto reperire i soldi dei mutui universitari altrimenti: facendo riduzioni compensative al fondo per l’istruzione, per esempio.

Un’altra opzione è quella di ridurre il numero degli studenti che hanno accesso all’università per ridurre il numero dei mutui futuri contraibili. Questo sarebbe possibile mettendo un limite al numero di iscritti totale (e qui potremmo domandarci: che fine ha fatto il libero mercato?) o istituendo criteri UCAS più rigidi per l’accesso all’università – gli studenti, per iscriversi ai corsi, devono inoltrano domanda ad un ente chiamato UCAS, l’organizzazione centrale che gestisce e smista le iscrizioni universitarie per tutto il Regno Unito.

Terza opzione: spalmare verso il basso gli studenti – dirottarli cioè verso università meno prestigiose, nonostante abbiano magari fatto richiesta per atenei di più nobile lignaggio.

Da ultimo, il settore privato: il governo dovrà cercare di incoraggiare investimenti da parte del mondo privato nelle università pubbliche. Più di quanto già non faccia. Più di quanto accade in Italia, in ogni modo.

Intanto, le università low-budget si leccano le dita, pregustando un’ondata di carne fresca a partire dal prossimo anno.

Ecco come una riforma del sistema di finanziamento universitario si porta dietro parecchi problemi che richiedono riforme strutturali più nette. Il futuro riserverà sorprese, questo è certo. Quella del governo Cameron è una scommessa molto ardita.

'This guy has definitely made his point' - Photocredit: Gianluca Mezzofiore

La Gran Bretagna non naviga in buone acque e nemmeno il suo sistema d’istruzione: perché giovani italiani come te continuano a sceglierla per i loro studi?

La qualità dell’istruzione non è comparabile. Abbiamo insegnanti, programmi e metodologie migliori in Italia. L’esperienza diretta ha rafforzato questa convinzione.

Molto spesso, gli insegnanti qui sono professionisti abilissimi, ma poveri dal punto di vista didattico.

Detto questo, quello che ci condanna è come sempre la mancanza di lungimiranza, di un progetto, di una strategia credibile che invogli i giovani a restare. Mancano i fondi per la ricerca, mancano i fondi per l’istruzione post-laurea (e fra un po’ anche per quella accademica).

Parlando in generale, in Italia teniamo botta fin quando si arriva al traguardo della laurea specialistica. Da lì in poi, è il baratro. E nessuno vuole gettarsi nel baratro sua sponte, se può. Anche qui le cose vanno male, intendiamoci. Ma almeno si riesce ancora a scorgere una luce in fondo al tunnel; è proprio questo che dà speranza – che giustifica, in ultima battuta, un estremo sacrificio economico per migrare qui a Londra.

Faccio un esempio concreto, il mio: da noi, essere giornalista vuol dire essere parte di una casta; o, al più, essere l’ultimo dei paria, arrivando a guadagnare un netto di 50cent all’ora come accadeva ad un mio amico che faceva il freelance su e giù per la Romagna. Un titolo di studio come il mio (Master in International Journalism, a seguito di una quinquennale in Lettere Moderne) è visto nella maggior parte dei casi solamente come un ostacolo all’assunzione, invece che un incentivo. Sono troppo qualificato per un mercato del lavoro chiuso e saturo.

Non potendo entrare nella ‘casta’, pertanto (a meno di frequentare costose scuole di giornalismo o sperare che, durante uno dei rari praticantati in redazione concessi, quello che ti sta davanti schiatti all’improvviso), non resta che lavorare da freelance. Quanto paga fare il freelance, da noi? Prendiamo l’esempio di un famoso quotidiano bolognese: lì ci si abbassa anche ai cinque euro per articolo. Ho visto trentenni col tesserino da giornalista lavorare ancora come stagisti, con uno stipendio da stagista, ad un magazine per cavalli.

Qui, il titolo di studio valida la carriera freelance. Le dà lustro. Fare il freelance vuol dire guadagnare fino a 400£ per articolo, nella fredda Londra. La differenza è notevole, come si intuisce.

Pertanto, nonostante di notte le vacche siano nere ovunque, qui si ha la speranza tangibile che il proprio futuro non si infranga contro il muro di una casta qualsiasi. Ed è con quella speranza in valigia che partiamo. Spesso per non fare più ritorno.

 

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