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Distanza di sicurezza

ovvero le incredibili avventure dell’aspirante giornalista all’estero.

Diario di laboratorio del seguente esperimento professionale: può il giovane italiano, a cui i tempi hanno dato in sorte d’essere lanugine sulle terga del corpo sociale, improvvisarsi capello e auto-trapiantarsi altrove, magari dove batte il sole?  Quali, in definitiva, i rischi di rigetto?

Ispirandosi ad una tendenza recentemente in voga in Italia, ovvero quella di stilare prolississime ‘liste delle 10 cose per…‘, il nostro giovane emigrato (alias: la cavia dell’esperimento) capisce che non c’è modo migliore per cominciare un diario che quello di tirare le somme.

 

Dieci buoni motivi per cui il giornalismo è uno spasso, almeno qui in Gran Bretagna

– Per scrivere, e sentirsi dare del professionista, non è necessario un tesserino. Un mondo alla rovescia: pare la professionalità non venga dimenticata in tasca, in una piega del portafogli, ma sia necessario tirarla fuori spesso, nella pratica quotidiana.

– Cose che qui non succedono: faticare anni per ottenere il dannatissimo tesserino, essere sull’orlo dei trenta, avere una calvizie incipiente e la scomoda sensazione che il tempo scorra troppo velocemente… e sentirsi offrire un ottimo contratto da stagista a 400euro al mese per 40 ore settimanali. Tutto bene, finchè non scopri di essere assegnato all’inserto Cavallo Magazine. (true story)

– Non rischiare di ritrovarsi a calcolare il netto orario in proporzione al tempo dedicato all’attività giornalistica e scoprire che si aggira intorno ai 0,50 scintillanti centesimi di euro all’ora. Netti. (true story: è successo ad un amico che lavorava per un piccolo quotidiano romagnolo. Il calcolo si basava sulla retribuzione per articolo, intorno ai 5 euro, meno le spese per cibo e benzina)

– La figura del freelance smette di essere parte di un mondo di fiaba: esistono ragazzi, sì, giovani ragazzi, che sebbene non in possesso del tesserino, possono aspirare a vendere i loro articoli e, incresciosamente, vedere riconosciuto il proprio lavoro. Con somme superiori ai 50£ a pezzo.

– Andare a comprare un quotidiano al sabato o alla domenica richiede una grande dose di coraggio, tempo libero e due braccia altrettanto nerborute: un domenicale (prendiamo il Sunday Times) può arrivare a pesare qualche chilo. Colpa degli innumerevoli inserti offerti col giornale: dai viaggi al cibo, dalla cultura alla tecnologia passando per casa e finanza. Qualcuno dovrà pur riempire tutte queste pagine, fiduciosi nel fatto che tanto tempo dovrà ancora passare prima che inizi la vendita ‘a peso’. Il nostro giuovane giornalista smarrito può dormire sonni tranquilli.

– Avere 24 anni, svolgere un piccolo lavoro di ricerca per un quotidiano nazionale e sentirsi chiedere i propri dati bancari per il pagamento non ha prezzo. Non è il ragazzo ad essere grato al giornale per la vetrina fornita (aggratis, troppo spesso), ma il giornale ad essere grato al ragazzo per il contributo. Roba dell’altro mondo.

– Il quotidiano più venduto nel Regno Unito ha una tiratura di parecchie milioni di copie quotidiane. Il quotidiano più venduto da noi, quando non ha pagine rosa, ne conta solo qualche centinaia di migliaia. Chi riempirà tutte le pagine di Sua Maestà? Per la serie: a volte, anche le dimensioni contano.

– La consapevolezza che nel Regno Unito, a uno come Belpietro, non farebbero scrivere nemmeno i foglietti illustrativi dei medicinali.

– Provare a farsi accreditare per una conferenza stampa del Primo Ministro in seconda, Nick Clegg, è facile. Basta mandare una mail all’ufficio stampa. Chi prima arriva, meglio alloggia. Provate voi a farvi riservare un posto a Palazzo Grazioli se non siete parte della cricca. Agli eventi diurni, intendo.

– Sentirsi dire che “objectivity, neutrality, balance and clarity are notions used alongside those of accountability and professionalism” fa sempre il suo effetto. A volte ci scappa pure una lacrimuccia.

 

keep calm and carry on

Dieci buoni motivi per cui continuare a credere nel made in Italy

– La RAI è ancora capace di mandare in onda ottimi programmi di giornalismo come Report. Anche se poi si sente in dovere di mettere sull’altro piatto della stadera Giuliano Ferrara. A bilanciare.

Successi come il Festival del Giornalismo di Perugia, il Festival di Internazionale etc. fanno ben sperare nella buona salute del giornalismo nostrano. Che, nella migliore tradizione, dà il meglio di sè quando torna a ri-appropriarsi della strada, a contatto con l’uomo comune.

– Al Corriere tagliano le auto blu e De Bortoli predica lo svecchiamento della professione (“Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi”). Finchè non lo dice un politico, io mi fido.

Ho conosciuto al pub un tale che sapeva chi fosse Oriana Fallaci, mentre non aveva ancora sentito parlare del bunga bunga. Dai, dai!

– Internet rimane la terra promessa, proprio come preannunciava Grillo dieci anni fa, quando sfasciava i computer ai suoi spettacoli. Siti internet come Linkiesta, Il Post, Giornalettismo, AgoraVox fanno ben sperare. Tuttavia, come dice Luca Sofri, lo “scandalo” è che le testate online troppo spesso non pagano. Proprio come quella di Luca Sofri. Che, al contrario, ‘sfrutta le collaborazioni con soddisfazione‘.

Abbiamo ancora il coraggio di copiare, e di farlo bene: da una costola del britannico Independent nasce Il Fatto Quotidiano. La filosofia è quella vincente: autofinanziamento, indipendenza editoriale, spirito ggiovane. Purtroppo, al Fatto hanno avuto la nefasta idea di prendere in prestito anche qualcos’altro, dal Regno Unito: il layout grafico. Dal Sun, tuttavia.

Tutte le cose vecchie prima o poi muoiono. Il nostro ordine dei giornalisti, di fascia memoria, risale al lontano 1925-8. Nel dopoguerra, è arrivata la versione 2.0. Recentemente, imperversano in Italia i cosiddetti rottamatori. Speriamo si guardino un po’ intorno.

– Chi parte, molto spesso, lo fa per tornare. C’è chi ancora crede nel giornalismo come missione sociale. “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava, morto ammazzato dalla mafia) L’ideale salverà il reale, ancora una volta. E Silvio si dimetterà sua sponte per lasciare spazio al nuovo che avanza.

I giovani non sono mai stati così informati. Merito di internet, di Mark Zuckenberg, dell’uccellino blu e chi più ne ha più ne metta. Le rivoluzioni avvengono, anche in Italia. Non ci resta che crederci.

…per quanto riguarda il decimo motivo (e non solo), beh, la palla passa a voi … che, al contrario mio, siete ancora ‘a distanza di sicurezza’…

(distanza di sicurezza è una rubrica in collaborazione con italiadallestero)

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  1. Onestemente perché comprare un giornale sapendo chi c’è al timone di comando, non intendo il drettore ma colui/coloro che ci fa/fanno i soldi? L’unico acquistabile purtroppo è graficamente illegibile! volendo ci sono ottimi esempi da copiare in Italia e all’estero che sia. Direi che se uno scrive all’estero è molto meglio venire in Italia solo per le vacanze cme diceva qualcuno un paio di 100 anni fà.

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