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HARI KARI del giornalista inglese che creava ‘ritratti intellettuali’

Scandalo giornalistico nel paese dove il giornalismo ha la nomea di essere stato inventato.

Il pluripremiato reporter dell’Independent, Johann Hari, e’ stato colto con le mani nella marmellata. A quanto pare, in alcune sue interviste a celebrita’ e personaggi famosi avrebbe inserito alcune frasi pronunciate degli stessi intervistati… in passato, o altrimenti citazioni contenute in libri da essi pubblicati qualche anno prima e spacciate come parte dell’intervista originaria.

La storia ha a che fare con noi, in qualche modo, essendo il casus belli un articolo scritto proprio sull’italianissimo filosofo-terrorista Toni Negri.

Come questo blog dimostra, molte frasi attribuite a Antonio Negri sarebbero state in realta’ rubate dal libro-intervista “Negri on Negri” (2003), in cui Anne Dufourmentelle scava nelle pieghe piu’ recondite della personalita’ del grande vecchio.

La memoria... by Hari
La memoria...di Dufourmentelle (pgs 100-101)

Stessa cosa accade per un’altra intervista, questa volta con Noam Chomsky, e con un’altra ancora a Gideon Levy, l’ “uomo piu’ odiato di Israele” (come si puo’ leggere in quest’altro blog).

La (fiacca) replica su Twitter da parte di Harakiri-Hari e’ stata la seguente

When interviewing a writer for a 6000-word profile, accurately quoting their writing is not “plagiarism” or “cut & paste journalism”

Poi il silenzio. In un post sul suo sito, Hari chiarifica che, per ogni scrittore intervistato, veniva quasi naturale l’attribuzione di idee o sentimenti da questo espressi in passato e aventi qualche genere di affinita’ con l’intervista.

Hari chiama le sue interviste ‘intellectual portraits’, ritratti intellettuali. Come un artista vero e proprio, infatti, si prendeva qualche licenza creativa.

Questa la sua difesa, tradotta in italiano.

Plagio? Il plagio e’ far passare il lavoro altrui come proprio, mentre io ho sempre messo in chiaro che i pensieri di Gideon Levy, per esempio, erano i pensieri di Gideon Levy.  Sono anche piacevolmente sorpreso nello scoprire che alcune persone lo considerino “churnalism”, quando churnalism e’ in realta’ quella pratica di copiare, incollare e riciclare un comunicato stampa. Io, per parte mia, mi sono letto con accuratezza tutte le opere di un autore e ho scelto con attenzione quali parti di esse citare in determinati punti chiave del testo per meglio rendere la loro personalita’.

Come non dargli torto, direte voi?

I called round a few other interviewers for British newspapers and they said what I did was normal practice and they had done it themselves from time to time.

Questa e’ una delle ultime frasi ‘scottanti’ nella sua arringa difensiva:

il mio test per definire cosa e’ giornalismo e cosa no, e’ il seguente: i lettori ne sarebbero infastiditi, o al contrario lo preferirebbero? Meglio per loro se io citassi una qualche oscura frase che esprime un concetto o, al contrario, una brillante perla di saggezza recente che esprime lo stesso pensiero?

Il Periscope Post raccoglie una serie di reazioni alla futile querelle.

Fra queste, quella di Brian Whelan (gia’ citato) che sul suo blog argomenta che si, Hari cita parole di Gideon Levy, ma lo fa in maniera fraudolenta, con sottile malizia, come se lo scrittore effettivamente le abbia proferite durante il loro incontro in un bar scozzese, aggiungendo anche alcuni dettagli di colore per dare piu’ spessore alle citazioni, come  “with a shake of the head”.

The Media Blog, riferisce sempre il Periscope Post, si dice d’accordo con Hari: qui le accuse di plagio e “churnalism” c’entrano poco. Qui la situazione ricorda una performance di Britney Spears, dove si assiste a del vero e proprio playback (“this is more like lip-synching“): Hari insomma presenta le sue interviste come ‘dal vivo’, dando l’impressione che tutto accada in simultanea. Un altro grande blog, Fleet Street Blues, ha invitato alla calma, scrivendo che se se Johann Hari vuole scrivere ritratti psicologici, allora dovrebbe darsi alla fiction.

….

Per tirare le somme, secondo me e secondo il buon Periscope Post, possiamo citare le parole di Emily Bell, direttore del Tow Center for Digital Journalism alla Columbia Journalism School:

“JHari and Gay Girl in Damascus reinforce first rule of journalism. Talk to people. In person. Or, if that’s impossible, explain context.”

[Il caso della Gay Girl di Damasco e’ abbastanza famoso, e riguarda quel blogger americano che dalla Scozia descriveva la sua vita fittizia da omosessuale in Siria. Dalla bocca di Amina Abdallah Arraf al-Omari – o meglio, di Tom MacMaster – pendevano acriticamente centinaia di migliaia di lettori e giornalisti…]

Dilemmi etici a parte, cio’ che restera’ di tutta questa polemica, ricordando gli esempi di giornalismo alla Belpietro o le interviste bufala a Philip Roth (e altri) di quel genio di Tommaso Debenedetti, saranno le esilarante reazioni degli utenti di Twitter.

I quali, per l’occasione, hanno dato sfogo a tutta la loro creativita’, dando mostra di cosa puo’ l’ingegno umano in 140 caratteri sull’hashtag #InterviewsByHari


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