Le cose che ho imparato da uno che sulle Falklands ci è stato davvero – pure lui
Con l’avvicinarsi dell’anniversario della guerra delle Falklands (o Malvinas, come le si chiama in Argentina), scoppiata il 2 Aprile di 30 anni fa, era inevitabile che anche Repubblica pubblicasse un reportage sulle isole.
Qualcosa di storico, certo – ma giusto quanto basta – possibilmente con un taglio giovane e accattivante, per colpire anche l’attenzione dell’hipster troglodita 2.0 con limitato attention span, che delle rinnovate scaramucce diplomatiche tra i due paesi non sa nulla – men che meno di quella guerra vera di trent’anni fa tra la dama-di-ferro e i dittatori argentini cattivi.
Il risultato? Né carne né pesce. Un resoconto dagli antipodi che strizza l’occhio a Wikipedia, scialbo e poco accattivante. Forse perché nessuno di Repubblica ci è effettivamente stato, alle Malvinas; forse perché il reportage è stato tradotto dal Guardian e malamente mutilato dei suoi pezzi migliori, quelli di colore.
Il più notevole giornale italiano si è come al solito limitato al compitino, traducendo in maniera dovuta quello che gli altri hanno saputo fare meglio e in anticipo (tutto un problema di risorse, in fondo, e di priorità).
A questo punto, ho pensato, un piccolo pezzo di colore sulle Falklands lo faccio pure io. Perché no.
Magari, però, facendo una vera intervista. Magari con qualcuno che ci è appena stato, alle Malvinas. Giusto per tentare – almeno, tentare – di ritrasmettere al lettore lo stesso fremito di interesse provato al tavolino di un bar, registratore in mano.
Se deve essere pezzo di colore, che pezzo di colore sia.
Ecco qualcosa che non sapevamo – o che semplicemente non avevamo avuto tempo e modo di immaginare – sulle Falklands/Malvinas, raccontato dall’ex corrispondente BBC Daniel Schweimler* fresco di ritorno proprio dall’arcipelago conteso.
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