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Godzilla e altri pericoli di Twitter mentre si fa giornalismo in tempo reale

Insegnare alla gente come coprire eventi in tempo reale è quello che mi dà il pane per mangiare ultimamente. Nonostante il conflitto di interessi evidente nel riprendere un post dal blog della compagnia per cui lavoro, questo merita di essere condiviso: una lezione per sapersi relazionare con Twitter durante una lunga e ciclopica diretta, abbandonando quella sorta di feticismo anale e morboso nei confronti del dannato uccelletto blu che da un po’ di tempo a questa parte mortifica i media nostrani.

La redazione di NY Daily News rimasta al buio durante il live blog di #sandy. Chi vuole ci legga una metafora.

Uragano #sandy – che ormai ci si riferisce alle cose con l’hashtag davanti.
Gran confusione sui social media, soprattutto su Twitter, dove il succitato hashtag sballa con più di 3.5 milioni di tweets in 24 ore. Ecco che alcune sagge newsroom scelgono di localizzare i propri # a seconda dell’area di interesse.

 #BoSandy, #NYSandy, #NJSandy, #VASandy, and more.

Immaginatevi il povero giornalista italiano, deskista, magari 50enne e appena sbarcato su Twitter, davanti a un computer. Ha il compito di ‘buttare dentro i tweets’ – magari in un twitter wall – che non si capisce perchè la gente dovrebbe seguire una diretta Twitter in altri luoghi che non siano Twitter. Ordini dall’alto: Twitter impera, noi ci adeguiamo.

Poi ci si mette anche Instagram, con un sito dedicato dal buffo nome (buffo per noi italiani, almeno) Instacane, dove la gente può postare foto talvolta strabilianti della tempesta-monstrum.

Insomma, un casino, per il nostro povero giornalista di mezza età.

Un casino perchè, insieme ad un sacco di roba genuina, interessante e originale, su Twitter ci sono pure un sacco di boiate pazzesche. Come fare a distinguere un tweet affidabile da un tweet-boiata-pazzesca in tempo reale? Questo il problema.

Testate come NPRThe Atlantic Wire, e il New York Post, ad esempio, sono cadute nel trappolone della ‘photo of the Tomb of the Unkowns guard‘: una foto risalente a settembre ma diffusa come se fosse stata scattata ieri da un intrepido fotografo (tale Karin Markert), ovviamente nell’occhio del ciclone. Di nuovo, mi immagino il nostro povero giornalista italiano di mezz’età alle prese con una foto tanto bella, troppo bella, e con tante autorevoli fonti che la diffondono nell’aire.

Che faccio? La butto dentro? Ma sì, la butto dentro.

Citando Katy, e traducendo: “Ieri erano numerosi i media che hanno offerto la copertura in tempo reale dell’uragano: la qualità della stessa era naturalmente varia. Alcuni [hanno offerto ai loro lettori] contenuto di qualità, originale, includendo allerte meteo, breaking news, mappe interattive dell’uragano, foto, instagram, tweets, post da Facebook, articoli [originali], live streams e video. Altri, semplicemente, si sono limitati a inserire [ma io direi, buttare dentro]tweets e hashtags”

Uno dei grandi problemi di Twitter è il livello di ripetitività del contenuto, che in breve tempo diventa virale. In pochi minuti, se non in pochi secondi. Ecco apparire foto di gru spezzate dalla tempesta, lower Manhattan lasciata al buio, foto di squali (postate tra l’altro anche da alcuni amici su Facebook), blockbuster holliwoodiani in stile Tempesta Perfetta. E poi, ovviamente, lui.

Eccone alcune spaziali che hanno fatto il giro dei social media, qui. Devo ammetterlo, quel cielo alla Independence Day dietro alla statua della libertà mi aveva fatto aprire la bocca, stupefatto e ammirato.

Morale della favola: prediligete il contenuto originale, di qualità. Prendete la Reuters, ad esempio. Dico a voi, dinosauri di redazione. 

Fate fare al povero giornalista di mezz’età quello che sa fare meglio: scrivere, nella propria lingua, una bella analisi fatta come si deve. Inseritela magari nel live blog con link all’articolo completo, così già che ci siete fate anche un piacere a Google e a voi stessi. Offrite un approfondimento di qualità in accordo con i vostri mezzi umani, tecnici e finanziari.

L’accumulo bulimico di informazioni prese da Twitter non giova alla professione. Meglio fare le cose con calma, fatte bene, e ogni tanto, magari, ci si butta lì un tweet, va là – previa verifica e controverifica, ovviamente. Una narrativa ponderata, multimediale e mai eccessiva.

Twitter è il mondo: un confuso brusio di fondo. I vostri lettori si aspettano che li sappiate guidare per mano, indicando loro il vero e il falso, spiegando magari il perchè delle cose.

I lettori:click:soldi verranno sulle vostre pagine, cari i miei dinosauri di redazione, solo se imparerete a assolvere alla funzione di guida virgiliana nel grande brusio del web. Una guida che sappia condurli al di là della selva oscura, al sicuro dai Godzilla di turno.

— post in parte ripreso e tradotto dall’ottima Katy, social media editor per ScribbleLive, piattaforma di liveblog per cui lavoro —  

UPDATE, thanks to @GianlucaMezzo: Come fare a riconoscere foto vere da foto false o photoshoppate in 3 facili steps: qui.

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