Questo me l’ha inviato un grande amico, ed è proprio quello che ci voleva stamattina.
Ha la barba lunga di settimane, lui che di solito non la lascia crescere nemmeno un millimetro più del dovuto, lui che ti accoglie in piedi dopo una chemio perché non gli piace farsi vedere debole, lui che quando i medici dicono “gli rimangono dieci, forse venti giorni” nessuno riesce a crederci davvero.
“Devi farti la barba”, gli dico. I suoi genitori mi hanno chiesto di convincerlo: secondo loro si sentirebbe meglio, e conoscendolo lo credo anch’io.
“È davvero l’ultimo dei miei pensieri”, mi risponde, cercando di non avere un tono duro. È un patto solamente tra noi due, un patto di cui non abbiamo mai parlato ma in vigore da settimane: io continuo a fare lo spiritoso come se questa non fosse l’ultima stanza dove ci vedremo. Se poi incontro un momento sbagliato, lui non me lo fa pesare.
“Non è per te, è per la clinica”, insisto. “Dice che stanno fioccando recensioni negative su Tripadvisor…”
Gli strappo un sorriso, che grazie alla complicità di Filippo si trasforma quasi in una risata. Poche persone al mondo sono preziose quanto Filippo, soprattutto in questo momento: è lui a gestire chi entra e chi esce, a interpretare i piccoli segnali di insofferenza di suo fratello quando una visita si protrae troppo a lungo o semplicemente quando un collega di lavoro ci sta annoiando da ore, dopo aver portato una scatola di cioccolatini che Federico non può mangiare.
Oggi possiamo entrare soltanto noi: il blocco intestinale si è aggravato. Federico ha chiesto di rimanere solo col medico, poi dopo un’ora ci ha fatti chiamare e ha detto: “da adesso non posso nemmeno bere. Stasera quindi ci facciamo un ultimo brindisi. Il dottore ha detto che è una cazzata, e me lo sconsiglia”.
“E quindi?”, ha domandato Filippo.
“E quindi il dottore se ne farà una ragione. Voglio bere un ultimo bicchiere con voi e questa cosa non è negoziabile”.
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