Colombia, Medellin: dall’incubo narco al sogno dello sviluppo
Città in fermento, perla turistica e centro degli affari, la città che debbe la sua fama e il suo martirio al narcotrafficante Pablo Escobar, oggi è irriconoscibile. La rivoluzione di 20 anni, raccontata dal sindaco che visse in prima linea la guerra con il crimine organizzato
Le cose sono cambiate. Come recita un noto spot turistico colombiano, a Medellín l’unico rischio è quello di voler restare per sempre. Immersi tra le sue verdi montagne, in un’eterna primavera tenacemente ritrovata. Oggi del sangue di Pablo Escobar sui tetti di Medellin rimane solo un celebre dipinto di Botero, esposto all’omonimo museo cittadino. E, ovviamente, l’ennesima, popolarissima serie televisiva. Nessun museo, nessun tour turistico, nessun monumento – e ci mancherebbe altro. Solo i racconti della gente, tra incanto e disincanto.
Abbiamo chiesto a Omar Flórez Vélez, l’ultimo sindaco di Medellin dell’era Escobar (1990-1992, quando ancora gli alcaldes della città rimanevano in carica solo per un paio d’anni, e scorta e attentati facevano tutti parte del pacchetto), come il fiore-Medellin, quello che il narcotraffico aveva rischiato di danneggiare per sempre, sia riuscito a rinascere dalle sue stesse ceneri.
«Lo scenario era estremamente incerto, la popolazione era terrorizzata dall’azione delle autobomba come quelle che oggi si vedono in Siria o Afghanistan. In quel momento, era la città più pericolosa del mondo. I media diffondevano quest’immagine a livello internazionale e il cartello aveva un atteggiamento di sfida costante verso le istituzioni», racconta l’ex sindaco, eletto negli anni successivi senatore della Repubblica e parlamentare.
«Il problema non era Pablo. Morto lui, appaiono altri Escobar, nonostante tutta la politica repressiva del mondo. Nella polizia è stato messo in atto un meccanismo importante di pagamento e ricompensa, nonchè di epurazione della forza pubblica corrotta. Parallelamente, sono stati avviati programmi di tipo sociale, nell’idea che i problemi sociali richiedono risposte sociali, non di polizia», prosegue Flórez Vélez, seduto al tavolo della sua villetta del Poblado una calda notte d’estate – che poi non vuol dire nulla, visto che a Medellin è estate tutto l’anno.
… continua a leggere sul sito di PangeaNews, su cui é stata pubblicata questa intervista in esclusiva.
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