Finalmente qualcuno che riporta le cose nella loro giusta ottica #sallusti #ingattabuia
E’ giunta l’ora di lanciare un segnale forte contro il giornalismo spazzatura. L’analisi limpida e onesta di Michael Braun per Internazionale.
Sono lieto di postarlo a ‘mo di risarcimento nei confronti di tanti buoni giornalisti costretti a lavorare 12 ore al giorno per un tozzo di pane e sale; costretti inumanamente a sperare che quello davanti, in redazione, si faccia male o vada in maternitá cosí da potergli soffiare quell’unico, agognato posto da praticante; costretti a emigrare per trovare lavoro; costretti a ingoiare le peggiori umiliazioni e vessazioni per aspirare a entrare nel loop infinito della casta; costretti, infine, a ingoiare anche questa: che un giornalista incompetente, fazioso, offensivo e malizioso ricopra la carica di direttore di giornale – e intanto si fa la valigia sconsolati e si parte verso una terra straniera, che l’Italia, oggi no, un giorno chissá, non é un paese giusto verso chi é onesto e cerca solo di fare il proprio mestiere.
L’Italia ha un nuovo martire: Alessandro Sallusti. Condannato a 14 mesi di carcere per diffamazione, oggi si presenta – ed è presentato dalla quasi totalità dei suoi colleghi – come la vittima di una legge aberrante che (così si afferma) punisce un “reato di opinione” e non ha uguali nelle altre democrazie.
Ma le cose stanno davvero così? Uno sguardo al codice penale tedesco ci dice subito che la diffamazione è reato punibile con due anni di carcere, e se avviene a mezzo stampa la pena sale addirittura fino a cinque anni. Insomma: chi, utilizzando le pagine di un giornale, denigra qualcuno ricorrendo ad affermazioni palesemente false rischia la galera anche in Germania.
Ciò detto potrei aggiungere che anche a me questa condanna, senza condizionale, sembra esagerata. Ma questo punto è già sottolineato da tanti, praticamente da tutti, giornalisti e politici. Un altro punto rischia invece di scomparire: cioè che, in veste di direttore, Sallusti si è reso complice di un reato grave, e che prima di assurgere al ruolo di martire ha vestito i panni dell’autore di un atto illecito.
Vogliamo ricordare che cosa scriveva cinque anni fa un certo Dreyfus (la vocazione al martirio, a quanto pare, era già tutta presente) sul giudice Giuseppe Cocilovo? Quel giudice aveva autorizzato una ragazzina tredicenne ad abortire, dietro richiesta della ragazza e di sua madre. Il quotidiano Libero commentava così: “Un magistrato ha applicato il diritto – il diritto! – decretando: aborto coattivo. (…) Qui ora esagero, ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice. Quattro adulti, contro due bambini. Uno assassinato, l’altro (in realtà) costretto alla follia”.
Dopo la sentenza contro Sallusti ora Il Giornale (dove il condannato nel frattempo è trasmigrato come direttore) decreta: “L’articolo sotto accusa: duro, ma è un’opinione”. Davvero? Potremmo già disquisire sull’aggettivo “duro”. Invocare la pena di morte per quattro persone che non si sono resi colpevoli neanche della più minima illegalità vi sembra duro? A me sembra una violenza inaudita. Ma non è questo il punto.
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Qui sotto, la consueta amaca di Serra. Che tra una cosa e l’altra dice sensatezze.
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