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L’importanza di dare del lei agli stranieri

Foto: Giorgio Minguzzi, Flickr (riutilizzo consentito)
Foto: Giorgio Minguzzi, Flickr (riutilizzo consentito)

Qualche tempo fa ero in una trattoria romana senza pretese con due miei colleghi. Uno di loro è un giornalista di lungo corso, oltre che gran galantuomo. Al momento di richiamare l’attenzione del cameriere, più giovane d’età di almeno trent’anni, gli si rivolge comunque dandogli del “lei” e mi rimprovera amichevolmente se poc’anzi, nel chiedergli una forchetta, avevo usato il più colloquiale “tu”.

Ebbene, di quello scambio mi ha colpito l’enorme quantità di rispetto contenuto in quel “lei”. Rispetto verso la persona ma anche verso il lavoro svolto dal cameriere. La mia abitudine all’utilizzo della persona linguistica più informale – ho pensato – forse mi ha fatto dare per scontato che, così facendo, nell’abbattere momentaneamente ogni gerarchia ribadivo in realtà, con forza, una sua implicita esistenza, seppur precedente.

Così facendo, ovvero dandogli del “tu”, non stavo forse accordando al cameriere (senza che lui me l’avesse chiesto) di poter dialogare al mio stesso livello sociale (implicitamente più elevato), senza concedergli la dignità del “lei”, che si sarebbe meritato sia in quanto persona a me sconosciuta, sia in quanto persona impegnata nell’impeccabile adempimento dei suoi uffici lavorativi?

Di fronte al “lei” del mio collega, ma soprattutto di fronte al mio automatico “tu”, ho temuto che l’abitudine linguistica avesse potuto generare, questa volta come chissà quante altre in passato, un piccolo torto nei confronti di una persona che si sarebbe meritata la stessa persona linguistica solitamente riservata ad individui cui attribuisco una certa deferenza – data per esempio da una maggiore età o prestigio sociale.

Quindi ho pensato: e se iniziassi a dare del “lei” anche a tutti quegli stranieri a cui solitamente do del “tu”, non sarebbe questa, forse, una giusta ecologia del linguaggio? Scienziati nei loro paesi d’origine, magari, costretti a vendere hashish per sopravvivere, come mi è capitato di conoscerne.

Quanto è difficile quel piccolo sforzo per garantire a tutti lo stesso credito e lo stesso livello di rispetto. A priori,  finché l’interlocutore ammetta di non badare a simili formalità oppure si dimostri non meritorio di questa cortesia.

Così facendo, non sarebbe forse il (mio) mondo un po’ migliore? Forse no, ma di sicuro lo sarebbe quello della persona a cui mi sto rivolgendo.

(grazie Gianluca per il video)

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  1. Prima di tutto distinguerei ambienti formali dagli altri. In quelli formali, dove vivo io, vedo usare il lei verso chiunque. Negli altri dipende da caso a caso..
    Purtroppo nella mia città, soprattutto in quelli meno formali, il lei viene usato il 99% delle volte, solo per indicare qualcuno “più vecchio”, non rappresenta più quel rispetto di una volta.
    Devo dire che negli ultimi 10 anni, le persone che mi hanno dato del “lei”, sono anche le stesse che mi hanno preso “a pesci in faccia”, insomma.. che non mi rispettavano e mi hanno trattato peggio. In Italia, almeno… In particolare qui al nord.
    Perchè?
    Semplicemente, chi usa il “lei” oggi, in particolare la parola “signóre”, lo fa spesso ispirandosi a “senior” comparativo di senex, con quel preciso significato. Lo usa per motivi anagrafici. Raramente lo vedo usare per indicare una persona particolarmente elegante, gentile.
    Più spesso per dire: “io sono giovane, lei è vecchio”.
    Tanto che poi, molte delle stesse persone che lo usano, non apprezzano se uno ricambia allo stesso modo. Vorrebbero il trattamento trasversale lei/tu.
    Il 99% dei giovani che vedo in giro dalle mie parti e usano quasi sempre il “lei” con gente più matura, ragionano così.
    Se poi li chiami “signori” ti sparano.. eppure sono adulti.
    Io non ho mai accettato trattamenti trasversali tra adulti. Per me una persona a 20/25 anni fisicamente è adulta, anche perchè nei paesi nei quali sono cresciuto, venivi considerato adulto normalmente dopo i 18/20 anni, non a 30/40 come capita spesso in Italia… per errore.
    Gli estranei adulti venivano trattati tutti alla stessa maniera nei negozi, escludendo persone molto anziane o con problemi fisici, alle quali viene dato un occhio di riguardo in più, ovviamente.
    Trovo più rilassante l’approccio di quei paesi, rispetto a quello di contare le rughe di ogni singolo cliente che entra in un bar, prima di decidere come rivolgersi a lui. (per il famoso “rispetto” verso i più anziani che crea viene interpretato nei modi più fantasiosi e crea situazioni al limite del grottesco, visto che nessuno presenta il codice fiscale con la data di nascita).
    Di conseguenza, una persona adulta la tratto alla pari: se mi chiama signore, chiamo signore/a anche lui/lei.. anche se si arrabbia perchè mi chiede di chiamarla ragazza o signorina(capita molto spesso). Ne ho fatti arrabbiare tantissimi, gli spariva il sorriso dalle labbra. Eppure alcuni avevano pochi anni in meno.. oppure addirittura eravamo coetanei. Solo che “ad occhio” pensavano di essere più giovani.
    Nella società moderna, essere più giovane è diventato un vantaggio, qualcosa di cui andare fieri. (parlo della mentalità popolare, che molto spesso viene anche dal modo di parlare dei politici e di parte della stampa).
    Esiste anche la discriminazione nel posto di lavoro. In alcuni settori i “più vecchi” vengono esclusi. Per esempio, in passato ho visto una marea di annunci di lavoro che non permettevano di presentarsi al colloquio se avevi più di 24/28/30/32/35 anni… per esempio. In Italia è abbastanza comune.. almeno da 15 anni.
    Questo, ha cambiato totalmente la percezione del cosiddetto “rispetto per gli anziani”, che in altri tempi erano magari proprietari terrieri mentre il giovane era il garzone..
    Le cose si sono quasi capovolte. Conosco manager in altri paesi che hanno 25/30 anni e vengono considerati quasi “vecchi” da altre persone.
    In ogni caso, nei paesi anglosassoni, viene combattuta la discriminazione sul lavoro, si chiama “age discrimination”.
    In Italia se ne parla poco secondo me.

    Di conseguenza chi usa il “lei” negli ambienti poco formali, in diversi casi lo fa per due motivi:
    1)guarda come è vecchio quello, sembra mio zio/nonno (può essere anche vero, ma non sempre viene preso come un complimento)
    2)vuole a tenere a distanza un cliente che non gli piace. Da del “tu” a tutti, ma a quel cliente del “lei”. (anche questo non ha niente di positivo

    Sono perfettamente d’accordo sul fatto di dare del lei a uno straniero, perchè no.. in realtà se lo straniero è un medico, ha una posizione medio alta, conosce bene la lingua, non ho mai visto nessuno dargli del “tu”. Nella mia città non è mai successo.
    Se è uno che lavora in un ristorante, nel quale danno del “tu” a tutti, anche perchè è l’unico modo che conoscono per comunicare, la gente a volte si adatta, oppure semplifica il linguaggio per non metterli in difficoltà.
    Lo fanno anche alcuni stranieri a volte, quando cerchiamo di parlare la loro lingua, se ci vedono in difficoltà, semplificano evitando le formalità, usando un linguaggio più “snello”. Anzi.. altrove è diventata quasi la norma, visto che hanno dipendenti che vengono da tutte le parti del mondo.

    Una curiosità: conosco molte persone che in Italia preferiscono andare nei ristoranti gestiti da stranieri proprio perchè sono gli unici che danno del “tu” a tutti, e non fanno trattamenti “differenziati” nello stesso tavolo, del tipo:
    Uno ha i capelli bianchi… lo chiamano signore, gli danno del lei.. e lo tengono a distanza.
    L’altro amico ha un aspetto giovanile,… riceve un bel “ciao” comportamento amichevole, gentile, informale, simpatico.
    Quello coi capelli bianchi, visto che erano coetanei fra l’altro, avevano solo un aspetto fisico diverso, non si è sentito “onorato” da forme di cortesia usate in questo modo. Esistono anche film nei quali le forme di cortesia vengono usate addirittura per umiliare qualcuno.
    Semplicemente per essere trattati tutti allo stesso modo, non significa ovviamente che si diventi “amiconi”, la distanza e la serietà sul lavoro rimangono comunque. è solo un modo di comunicare diverso.
    P.s: non parlo di regole che ovviamente sono altre.. non vorrei venire frainteso.
    Alcuni di quelli che ho citato sono casi estremi.. lo ho fatto volontariamente.
    Ritengo utile distinguere la “falsa cortesia” da quella sincera.
    Di una impiegata giovanissima che ti da del “lei” e ti tira il resto quasi in faccia.. non te ne fai niente (è capitato a mia madre mentre la chiamava “signora” ogni 2 parole, in maniera quasi sprezzante).
    In genere chi usa le forme di cortesia con “vero” rispetto, non si offende se una persona ricambia.
    Ho elencato solo i casi negativi per uno scopo:
    Far notare come il “lei”, “signóre/signora” possano anche essere usati per “discriminare” qualcuno. Spostare l’attenzione su “come” vengono usati.
    Il mio messaggio non ha niente a che fare con le regole della nostra lingua, sono un argomento a parte che non ho citato..
    Trovo interessante descrivere “come” è cambiato il modo in cui le forme di cortesia vengono usate, il significato che gli viene attribuito da molti degli stessi che la usano.. rispetto ai periodi di altri film, nei quali era tutto diverso

    1. Sono d’accordo con la sua analisi, tuttavia spesso succede anche che le persone più anziane diano del “tu” ai giovani ritenendo probabilmente di essere in diritto di farlo ma poi, presumibilmente, esigono che gli venga dato del lei. Un chiaro esempio è un confronto televisivo di qualche tempo fa tra Di Pietro e Fusaro, nel quale il primo da liberamente del tu al secondo ricevendo in cambio il lei.

  2. Dopo aver detto come la penso sulla questione dello straniero.
    Riguardo al fatto che oggi, lo scambio asimmetrico più diffuso del tu/lei sia quello legato all’età anagrafica, in Italia, vorrei citare una fonte, visto che spesso quando parlo di queste temi vengono chiesti per non finire troppo nel fare considerazioni soggettive:
    —————————————————————————————————-
    Alfacert-Unibo: “Breve storia del tu e del lei”. Si trova in rete.
    Prendo due citazioni dalla stessa fonte, che trovo interessanti: 1, 2
    «Rispetto al passato, l’uso del tu è molto più esteso come dimostra anche il fatto che si sono attenuate le discriminazioni sociali ed è quasi del tutto scomparso l’uso asimmetrico del tu e del lei.»
    (1),
    «Il solo caso di scambio asimmetrico tu/lei rimasto è quello determinato dall’età»
    (2),
    ———————————————————————————-
    Io rispetto al punto 2 direi che è quello più comune, più che essere “l’unico”. In ogni caso questa citazione la trovo utile perchè si muove nella direzione di quello che vorrei far notare, il cambiamento di usanze.

    Chi chiede o “pretende” un rapporto asimmetrico tu/lei, oppure signore/ragazzo-signore/signorina(che è stato eliminato perchè rivelava lo stato civile, ma molte donne lo pretendono lo stesso), negli ambienti nei quali la data di nascita non è nota, non avendo altri dati su cui basarsi e non conoscendo il lavoro svolto/carriera, finisce per farlo molto spesso guardando l’aspetto fisico ovvero l’età apparente.
    Anche sulla questione di chi sia adulto e chi ragazzo, in Italia non vedo un “metro” comune, come in altri paesi.
    In diversi luoghi come negozi, bar, pizzerie(senza generalizzare): noto, che moltissime persone, separano semplicemente chi vedono “giovane” o addirittura “giovanile”, con metodi di misura abbastanza arbitrari che non sono sempre gli stessi, da chi vedono “invecchiato, maturo”.
    Di conseguenza non vedo usare quasi mai le stesse forme di cortesia verso tutti gli adulti estranei, solo su quelli che superano una certa età, almeno apparentemente, in Italia.
    Tutti i clienti vengono trattati in maniera diversa. In alcuni bar vedo che viene dato del tu all’80% per esempio, e del “signore” all’altro 20% (per esempio).
    Questo ed altri elementi, generano a mio parere una percezione diversa dell’uso di tale forme di cortesia e appellativi, da parte di chi le riceve, rispetto al passato. Molto più basato sull’età anagrafica, meno sulla presunta signorilità della persona, soprattutto se la persona che “giudica” non conosce la data di nascita e tantomeno la professione del cliente estraneo che è entrato, e alla forma di cortesia non viene accompagnata da un “rispetto” reale. Come spesso accade.

    Come dicevo nell’altro messaggio accetto il rapporto trasversale tu/lei fra un adulto e un bambino ovviamente, non mi piace quello fra due adulti.
    Finisce per contare uno i capelli bianchi dell’altro(è un modo di dire) prima di scegliere come rivolgersi.
    Tutti sono consapevoli della propria età anagrafica (almeno si spera). Visto che nella società moderna, l’età matura può creare notevoli svantaggi,
    anche a parità di curriculum, escludendo alcune persone davvero “anziane” che meritano un rispetto particolare per aver vissuto magari determinate epoche o esperienze di vita, non mi piace quel tipo di selezione, preferisco trattare tutti gli adulti alla stessa maniera.
    (anche qui mi distacco dall’usanza popolare molto comune in Italia, non dalla regola che non ho citato e in questi commenti non vorrei nemmeno parlare di questo). L’unica cosa di cui mi interessava parlare è “come vengono usate le forme di cortesia”.

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