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Imparare a fare video in stop motion

Come fare? Basta una macchina fotografica, un tripode, tanta pazienza (più o meno 130 scatti) e quattro veloci passaggi in After Effects, il programma della Adobe.

Con After Effects e Premiere, si possono fare cose come queste (lei è la mia insegnante, a proposito. i suoi video sono pazzeschi). Un giorno arriverò, un giorno…

Charlando di misure abbondanti, possessioni e ri-possessioni…

Se ben vi ricordate, settimana scorsa ho parlato del Cumbre de las Americas. Ovviamente non è accaduto nulla, salvo un paio di accordi commerciali fra Colombia, il paese ospitante, e gli yankees, la cocaina non e’ stata depenalizzata, Obama non ha fatto dichiarazioni clamorose abbracciando Fidel Castro come vecchi fratelli e il tutto è passato alla storia, come spesso accade, per un losco affare di mignotte – pardon, ballerine di burlesque – e agenti segreti.

Proprio oggi il New York Post ha pubblicato le foto della vergine crocifissa colombiana che ha messo in crisi gli incorruttibili agenti segreti americani.

 

Anche di questo parliamo nella puntata settimanale di Charlando en Buenos Aires.

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Lo ammetto, le tette attirano visitatori e ascoltatori. Un trucchetto meschino. Il contenuto della puntata è molto più coinvolgente.

O forse no. 

 

 

La copertina più bella per una crisi diplomatica

L’Argentina minaccia di riprendersi la compagnia petrolifera YPF, privatizzata negli anni ’90 e ora ‘appartenente’ alla spagnola Repsol.  Questa la copertina geniale dello spagnolo ABC.

abc repsol ypf

La minacciosa Cristina Fernández ricorda vagamente Luca Toni.

E giá che ci sono…eccovi l’ultima puntata di Charlando en Buenos Aires.
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Lega-legalización, Obama

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Mentre l’attenzione del mondo è puntata nuovamente sul sottosuolo sudamericano – un altro gruppo di minatori è bloccato, questa volta in Peru, a diversi metri di profondità (“ancora una volta è lotta contro il tempo” e clichè simili…) – in superficie fervono i preparativi per l’arrivo dei presidenti al VI Summit delle Americhe, dove si discuterà fra gli altri della legalizzazione del traffico di cocaina.

Per volontà del presidente guatemalteco Otto Pérez Molina, infatti, uno dei capisaldi dell’agenda al meeting panamericano sarà la legalizzazione del traffico di stupefacenti.

lezioni di tango il monella linkiesta

Il punto di Molina e degli altri capi di stato che lo appoggiano (l’ospite Colombia, Costa Rica, Messico, Panama e Argentina fra i tanti) è chiaro: mettere l’amministrazione americana di fronte al fallimento di decenni di politiche proibizionistiche e repressive.

“Mentre l’America Latina ci mette i suoi morti, gli Stati Uniti impongono le loro strategie,” ha dichiarato Molina alla stampa.

Qualche dato, per gradire.

Proprio il Guatemala è diventato negli anni uno dei più importanti stati-ponte per il commercio internazionale degli stupefacenti. Solo nel 2010, furono 6000 i morti ammazzati nella guerra della droga. Il 42% dei crimini commessi nel paese, uno fra i più pericolosi al mondo, avviene per qualche chilo (o tonnellata) di sostanze stupefacenti.

Un po’ più in là, in Messico, dal 2006, i morti nella guerra al narcotraffico sono stati 50.000 – fino alla scoperta della prossima fossa comune.

L’amministrazione Obama ha però tagliato la somma destinata ai paesi latinoamericani per la lotta ai cartelli della droga: da 568 milioni di dollari per il 2012 a 476,4 milioni per il 2013. Manco a dirlo, è stato proprio il Messico a subire i tagli più consistenti.

Negli Stati Uniti, il 25% delle persone sopra i 12 anni consuma stupefacenti. Il traffico della cocaina, del valore stimato di circa 80.000 miliardi di dollari annui, passa principalmente da qui.

Le armi, invece, fanno il tragitto opposto.

La National Rifle Association, l’organizzazione statunitense che difende il tanto vituperato porto d’armi facile (come sancito dal Secondo Emendamento) e che conta 4.3 milioni di membri, non si dedica al traffico di droga. Eppure ha un’enorme responsabilità per la violenza che sta dilagando in America centrale per via della sua azione lobbystica atta a vanificare qualsiasi sforzo per limitare la vendita di armi d’assalto.

“Durante il mio governo, abbiamo confiscato qualcosa come 140.000 armi in quattro anni,” ha detto il presidente messicano Calderón, “e la immensa maggioranza di queste erano armi d’assalto.” Guarda caso, la violenza in Messico è cresciuta dal 2004, anno a partire dal quale è possibile acquistare un Ak-47 o un Uzi in qualsiasi negozio d’armi statunitense.

Ma quello delle armi è un problema trans-nazionale, non riguarda solo Messico e Stati Uniti.

I cartelli della droga si parlano infatti anche oltre confine, si fondono, si addestrano e si scambiano fucili e proiettili, come dimostra il caso dell’alleanza fra due dei più sanguinosi gruppi criminali latinoamericani, i messicani Zetas e le Maras salvadoregne, celebri per la loro efferatezza e per i loro estesi tatuaggi.

Tornando al nostro VI Cumbre de las Americas (come è chiamato in spagnolo), l’anfitrione colombiano Juan Manuel Santos userà i suoi privilegi come ospite per imporre a Barack Obama una discussione costruttiva sulla proposta guatemalteca.

Michael Hammer, portavoce del dipartimento di stato USA, ha tuttavia già detto che di legalizzare il traffico di droga non se ne parla proprio. Mauricio Funes, presidente di El Salvador, e Ortega, suo omologo in Nicaragua, hanno preferito allinearsi, complici anche pressioni interne delle gerarchie ecclesiastiche, spaventate dal tentativo demoniaco di “legalizzare il crimine.”

Mentre già le delegazioni di giovani-indigeni-imprenditori sono già al lavoro a Cartagena, Colombia, il grande show down avverrà con le riunioni fra i capi di stato previste per il 14 e 15 Aprile.

La strategia sudamericana sarà semplice, di quattro punti. Il primo contemplerà ovviamente un maggiore impegno nella lotta al traffico criminale di sostanze stupefacenti. Il secondo prevede la creazione di una corte di giustizia regionale con giurisdizione trans-regionale: una struttura flessibile ed efficace per punire tutti coloro invischiati nel business milionario dei narcotici.

Le ultime due linee di discussione sono invece le due più grosse scommesse su cui si gioca tutta la partita.

Una prevede la decriminalizzazione del flusso di stupefacenti attraverso la creazione di un corridoio di passaggio in cui le sostanze possano essere tracciate più facilmente; l’altra prevede la creazione di forme di compensazione sostanziale per quegli stati latinoamericani effettivamente impegnati nella lotta alla droga. Per farla semplice, si tratterebbe di un riconoscimento pecuniario per ogni sequestro o per ogni arresto effettuato.

Non si può tuttavia prescindere dall’accordo con gli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due punti.

La VI Cumbre de Las Americas sarà il banco di prova per verificare quanto i paesi del Latino America sapranno fare fronte comune contro l’ex voce forte di casa America, finora sorda ai gridi di sangue provenienti dal proprio ‘giardino sul retro’.

Le cose che ho imparato da uno che sulle Falklands ci è stato davvero – pure lui

Con l’avvicinarsi dell’anniversario della guerra delle Falklands (o Malvinas, come le si chiama in Argentina), scoppiata il 2 Aprile di 30 anni fa, era inevitabile che anche Repubblica pubblicasse un reportage sulle isole.

lezioni di tango il monella linkiesta

Qualcosa di storico, certo – ma giusto quanto basta – possibilmente con un taglio giovane e accattivante, per colpire anche l’attenzione dell’hipster troglodita 2.0 con limitato attention span, che delle rinnovate scaramucce diplomatiche tra i due paesi non sa nulla – men che meno di quella guerra vera di trent’anni fa tra la dama-di-ferro e i dittatori argentini cattivi.

Il risultato? Né carne né pesce. Un resoconto dagli antipodi che strizza l’occhio a Wikipedia, scialbo e poco accattivante. Forse perché nessuno di Repubblica ci è effettivamente stato, alle Malvinas; forse perché il reportage  è stato tradotto dal Guardian e malamente mutilato dei suoi pezzi migliori, quelli di colore.

Il più notevole giornale italiano si è come al solito limitato al compitino, traducendo in maniera dovuta quello che gli altri hanno saputo fare meglio e in anticipo (tutto un problema di risorse, in fondo, e di priorità).

A questo punto, ho pensato, un piccolo pezzo di colore sulle Falklands lo faccio pure io. Perché no.

Magari, però, facendo una vera intervista. Magari con qualcuno che ci è appena stato, alle Malvinas. Giusto per tentare – almeno, tentare – di ritrasmettere al lettore lo stesso fremito di interesse provato al tavolino di un bar, registratore in mano.

Se deve essere pezzo di colore, che pezzo di colore sia.

Ecco qualcosa che non sapevamo – o che semplicemente non avevamo avuto tempo e modo di immaginare – sulle Falklands/Malvinas, raccontato dall’ex corrispondente BBC Daniel Schweimler* fresco di ritorno proprio dall’arcipelago conteso.

….Leggi il resto QUI, su LINKIESTA…

Inizia l’avventura con Linkiesta

Da oggi inizia una collaborazione più sostanziale e consuetudinaria con il sito Linkiesta. Mi trovate tra i blog ‘esteri’ con Lezioni di Tango.

lezioni di tango il monella linkiesta

Di che si tratta?  Ecco un breve manifesto, cui spero di rendere onore durante tutto il percorso intrapreso.

La crisi della vecchia Europa – esplosa fra le strade di Atene – ha tutto l’aspetto di una tragedia greca classica: l’eroe, nel sublime sforzo di costruire un avvenire comune di pace, democrazia e prosperità dopo secoli di guerre e divisioni, cade in disgrazia per quella colpa fatale che Aristotele chiamava hýbris – ovvero dismisura, tracotanza. Tutt’intorno, le teorie economiche tradizionali implodono sotto il peso della realtà.

Alcuni osservatori, analizzando le tribolazioni del Vecchio Continente e della nostra Italia, hanno la sensazione di aver già assistito a questo spettacolo un decennio fa, dall’altra parte del mondo. In Argentina, ma anche in Uruguay, Cile, Brasile ed Ecuador: stati falliti (o quasi) fino a pochi anni addietro che ora crescono a ritmi asiatici.

 “Oggi la crisi la affrontano altri paesi, ed è quasi uno specchio dell’Argentina dell’anno 2001,” ha detto la neo-rieletta presidentessa argentina Cristina Kirchner, ricordando che i morti non pagano i debiti, e per onorarli è necessario prima crescere.

 Le voci che ci arrivano dal Sud America testimoniano che sì, la vita è possibile anche dopo il default. Ed è proprio per evitare di commettere vecchi errori che non solo l’Argentina, ma tanti altri paesi in America Latina stanno esplorando nuovi cammini di crescita.

 Questo blog vuole darvene conto. Novità, tendenze, contraddizioni irrisolte ma, soprattutto, storie di vita e di rinascita dal Latino America. Per poter tornare, anche noi, a danzare. Questa volta al suono di una nuova musica.

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L’ARGENTINA, LA STORIA E LA MAESTRIA DEL CHIAROSCURO

…è il primo post, che qui pubblico in parte.

Ieri in Argentina era il 24 Marzo. Lo era è un po’ in tutto il mondo, è vero, ma in Argentina un po’ di più: si festeggiava infatti il Día Nacional de la Memoria, per ricordare i crimini contro l’umanità perpetrati durante la cosiddetta Guerra Sporca (la guerra sucia), iniziata con il golpe militare del 24 Aprile 1976.

La Giunta Militare argentina passò infamemente alla storia per le decine di migliaia di desaparecidos (si calcola almeno 30.000, fino al ritrovamento della prossima fossa comune); per quel mondiale del 1978, quando i gol di Kempes occultavano gli orrori della dittatura, mentre la dittatura stessa occultava le sue miserie al mondo murando vivi i suoi poveri in baraccopoli fatiscenti, lontano dagli occhi dei media (ad esempio, nella villa miseria chiamata Ciudad Oculta); passò alla storia, infine, per aver mandato al macello centinaia di suoi figli nella folle guerra delle Malvinas contro Margaret Thatcher. 

Fu dopo il disastro nel sud Atlantico che, finalmente, passò anche la dittatura.

E’ dal 2003, da quando al potere ci stanno i Kirchner – prima Nestor e ora la moglie Cristina Fernández – che finalmente l’Argentina ha re-imparato a parlare del proprio passato, mentre gli anni ’80 e ’90 furono disseminati di indulti nei confronti dei vecchi carnefici. Un rammendo raffazzonato su una ferita che di chiudersi non ne voleva proprio sapere.

I Kirchner hanno sostituito questo approccio con quello giustizialista, portando gli assassini nelle aule di tribunale e avviando un serio dibattito su quegli anni infami.

“Vecchi, finti ammalati, indegni ma incravattati, i tiranni di allora sono quasi tutti alla sbarra: convinti, mai pentiti, impresentabili e sostenuti, il loro destino è ormai spacciato, perchè l’Argentina ha fatto qualcosa di grande, si è rimboccata le maniche e li ha messi a processo,” scrive l’agenzia di stampa PangeaNews.

Nel 2004, i ritratti dei dittatori carnefici sono stati tolti dai muri del Collegio Militare della Nazione dall’allora presidente Nestor Kirchner, considerato anche per questo gesto alla stregua di un padre fondatore della patria.

Fondamentale per il recupero della memoria storica è stata l’azione delle Madri di Piazza di Mayo, che ogni settimana da 34 anni a questa parte si radunano davanti alla Casa Rosada e lì, in piazza, danno la vuelta, silenziose, chiamando i nomi dei loro cari scomparsi e chiedendo per essi giustizia e memoria.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/lezioni-di-tango/l-argentina-la-storia-e-la-maestria-del-chiaroscuro#ixzz1qAkIZ2pI