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Esattamente come NON portare traffico al proprio sito

Why Globe and Mail, whyyyyyyy…..

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Il Globe and Mail è un quotidiano nazionale canadese basato a Toronto. Questa fantastica storia fotografica dalla desolazione nord-coreana è finita sulla home page di Reddit (booom!)  e al momento in cui scrivo è stata vista da 730.000 persone.

Tutto traffico regalato a Storify. Solo 5.000 utenti hanno visto la storia sul sito del Globe and MailReddit ha sicuramente fatto da amplificatore più per il brand Storify che per il brand del quotidiano canadese.

Una lezione da tenere a mente.

corea del nord

Ciliegina sulla torta: c’è stata anche una discussione su Reddit. Persa. 

Thanks @allendria per la preziosa segnalazione.

A caccia di onde sulla costa del Marocco

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Si può combattere lo stress da ufficio e il grigio umore da catene antineve prenotando un volo low-cost per il Marocco. Una volta lì, la certezza è una: la macchina in affitto che servirà per trasportare delle tavole da surf su e giù per la costa. E un volo di ritorno, prenotato da Marrakech.

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Il programma, quello mai scritto, prevede rotta immediata verso la costa oceanica; villaggi hippies aggrappati agli scogli; surf e grigliate di pesce, improvvisazione e un budget assolutamente irrisorio.

 Credetemi: funziona.

L’arrivo – il turista.

Ricordatevi che, grazie ai passi avanti nell’industria dell’aviazione low-cost, Marrakech è alla portata del viaggiatore della domenica tanto quanto (anzi, più di) Canicattì. Una volta atterrati, due timbri sul passaporto e siete fuori, respirando già la salubre canicola del deserto che tanto avete sognato mentre eravate bloccati nelle trappolone del pendolarismo.

Prenotare una macchina presso una delle numerose compagnie rent-a-car che operano dall’aeroporto è del tutto affidabile (v. link in fondo), anche quelle il cui ufficio operativo è costituito dal cruscotto di un auto in cui siedono quattro teenagers marocchini che ascoltano lo stereo in occhiali da sole.

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Due scartoffie e via, siete liberi. Dirigersi verso la costa è semplice: c’è una strada dritta che parte dall’aeroporto e corre verso ovest.

Imboccatela e seguite il sole che tramonta.

Arrivare a Essaouira, la splendida medina che stregò l’Orson Welles di Otello, vi ripagherà di un paio d’ore di macchina a schivare pedoni, motociclette e animali da traino. Parcheggiate fuori dalle caratteristiche mura e introducetevi nei vicoletti di un mercato che smantella, proprio così, senza pensare: è cosa d’altri tempi, che vi farà battere all’unisono con questo paese che pulsa, e si addormenta alla sera solo per poter riaprire baracca il giorno dopo.

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Una camera doppia con bagno in comune in uno dei tanti riad (edifici tipici con fresco cortile interno) costa il corrispettivo di dieci euro a notte.

Da lì in poi è tutto in discesa: cena a base di tajine di pollo (il piatto tipico: cottura al vapore in un cono di ceramica su brace ardente) o cous cous di pesce (se pagate 60 DHR, ovvero poco più di 5€, è perché avete scritto in faccia ‘turista’); thè alla menta per digerire e brezza marina che accarezza la faccia. Consigliato il ristorantino Cafè au Tres Ports, sulla via principale della medina, se non volete azzardare subito la bancarella di strada.

Gli imponenti bastioni di Essaouira (skala de la ville) o i colori accesi del porto dove i pescatori sgusciano ricci di mare appena raccolti aspettano solo di essere fotografati appena sorge il sole.

Sulla costa – il surfista.

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Essaouira e la selvaggia Sidi Kaouki, appena più a sud, sono ventose e ideali per gli appassionati di kite surf. La strada che conduce verso Agadir si snoda lungo la costa e conduce verso paesaggi più brulli e onde più grandi, due cose che sembrano andare di pari passo in questa parte di mondo. A due ore in auto da Essaouira, prima di arrivare ad Agadir, passate varie casuzze di mattoni di fango, olivi essiccati dal vento e dromedari che li brucano. C’è un villaggio chiamato Amesnaz.

Il primo e unico bar che incontrerete, ovviamente senza nome, serve la migliore tajine di agnello agrodolce (con uvette e olive) mai provata;  come accompagnamento, i gestori del locale vi inviteranno a scendere al molo e comprare un paio di pesci ancora guizzanti, da fare alla brace al momento, così come viene.

Da lì in poi è un susseguirsi di surf spots, che sembrano messi lì da qualche cosmico benefattore in ordine crescente di difficoltà: si inizia con gli impegnativi Boiler e Anchors’ Point (entrerete in acqua da una fabbrica di ancore abbandonata), Ash Point e Panorama a Taghazout , per finire con Devil’s Rock e Banana Beach.

Taghazout è il perfetto palcoscenico per questo grande spettacolo antropologico che è il turismo internazionale di surfers e backpackers. Il villaggio intero vive di catenelle e magliette, negozi per l’affitto tavole e vasellina, baretti dove sorseggiare thè alla menta quando i muscoli sono stanchi o posticini in cui farsi un hamburger se la fame, quella vera, chiama dopo la surfata.

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Giovani di ogni nazionalità si mescolano a mercanti improvvisati, ristoratori o parcheggiatori, e ogni occasione è buona per concludere un affare, in questa parte povera di Marocco che sogna di rinascere con il turismo sportivo dei figli di papà occidentali. Affittare le tavole vuol dire anche trovare un posto in cui alloggiare, quando il gestore del surf shop fa un paio di telefonate e vi sistema molto spartanamente a casa dell’amico del figlio per qualcosa come cinque euro a notte (una turca, un materasso, quattro cuscini e delle coperte; e un tetto, già, anche un tetto).

ARTICOLO e FOTO PUBBLICATI SU OGGIVIAGGI.IT – CONTINUA A LEGGERE SUL SITO… 

 

Manuale per viaggiatori solitari

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L’altro giorno ho scaricato per pochi centesimi l’ebook di una grande narratrice di storie, Virginia Fiume.

manuale-per-viaggiatori-solitari_40k

L’ho letto in una sera, tutto d’un fiato, che la collana è pensata proprio per questo, per farmi passare qualche ora in meno col computer e qualche ora in più con me stesso. Piccole perle, senza impegno, ma dalla lettura fresca e agile, “più lunga di un blog e più breve di un libro”.  

40k ci consente di spendere una serata intera con il cantastorie digitale che più ci ha stuzzicato. Tutto per noi, senza la frenesia del multitasking e l’affanno di una coda di lettura che prevede altre finestre aperte nel browser.

Manuale per Viaggiatori Solitari è così. E’ un dialogo fra viaggiatori digitali, fresco e agile, spigliato, che mi ha fatto tornare indietro con la mente al mio ultimo viaggio – in Marocco – facendomi al contempo già pregustare quello futuro. E mentre scrivo lo sfoglio di nuovo, con piacere, e consiglio ad un’amica di partire immediatamente, con un volo solo andata, che a quest’età si vive di freschezza e leggerezza.

Il “dio dei viaggiatori”  intreccia sempre i fili, in fondo.

E in fondo – e lo si percepisce leggendo – Virginia “è qualcuno che parla la mia stessa lingua, che sente la mancanza dello stesso caffè. Qualcuno il cui viaggio sta solo durando un po’ più del mio.”

 

Good Old Newspaper

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Quando si dice che ferisce più la penna…. 

The Seattle Times ha ieri pubblicato sul proprio sito internet una live chat sul nuovo libro di una delle donne più influenti del pianeta secondo Fortune, la COO di Facebook, Sheryl Sandberg. Il libro si chiama Lean In, e ha come oggetto la parità fra sessi nel mondo del lavoro.

Come notate nel sondaggio pubblicato qui sotto, la maggioranza di lettori è venuto a conoscenza della chat dal quotidiano di carta. 

seattle times chat

Mi viene in mente il caso di insuccesso di uno miei clienti, che per ovvie ragioni non posso menzionare. Ogni giorno, veniva avviato un liveblog come portale quotidiano ad uso della cittadinanza: breaking news, meteo, aggiornamenti sul traffico e la viabilità, notizie di gossip, video di tenerissimi gattini e battute al vetriolo.

Il liveblog è stato da poco rimosso dal sito di questo popolare quotidiano per mancanza di pubblico – nonostante il formato, il tono e l’idea fossero assolutamente vincenti (almeno a detta di tutti coloro che hanno avuto occasione di notarlo).

Il problema di questo popolare quotidiano è stata la mancanza di promozione sul cartaceo, di gran lunga più letto del sito internet – dove peraltro il liveblog era stato piazzato in un luogo alquanto recondito e difficile da notare della home page.

Quando parliamo di integrazione fra carta e online, ci riferiamo anche a questo: all’ovvio.

++ in ultima battuta, ho notato oggi che Wikipedia Italia non ha una voce per GENDER EQUALITY (puntini di sospensione) ++ 

gender equality italiano

 

 

Un notorio esperto di macchine edili per taglio e carotaggio

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Ecco l’incredibile offerta di lavoro che ho appena ricevuto da AlmaLaurea.

almalaurea offerta lavoro

 

Forse è perchè sono in possesso dei seguenti TITOLI PREFERENZIALI? 

La ricerca è rivolta a un giovane diplomato o laureato che ha maturato 2 o 3 anni di esperienza in ruoli commerciali e di vendita, abituato e disponibile a spostamenti giornalieri e visite presso i clienti. Il candidato ideale è fortemente motivato a ricoprire il ruolo di agente, è flessibile e in grado di lavorare in modo autonomo e preciso. Sono richiesti forte spirito di inziativa, capacità di conseguire gli obiettivi assegnati e ottime doti comunicative e relazionali. L’agente dovrà essere in grado di interfacciarsi con i clienti in modo brillante e autorevole, trasmettendo la qualità dei prodotti presentati e il valore del marchio che rappresenta. Completano il profilo ottime doti organizzative, buon standing e una buona consocenza della lingua inglese.

Ammetto di avere una buona consocenza della lingua iglese, spirito di iniziativa e doti di comunicazione (chi non le ha, a parte Luca Giurato e forse Varriale?).
Mi so anche interfacciare con il mondo.

Ma ho studiato altro, grazie. Lo attesta la pergamena appena ricevuta dalla stessa Alma Mater – Università di Bologna giusto settimana scorsa….

laurea

Forse il caso che AlmaLaurea aggiorni i profili del proprio database per essere un filino più ficcante?

Esplode il mercato delle tavolette: ma si aggiorni, Fantocci!

Sto cercando di abbonarmi a Micromega da giorni. Vivo all’estero, quindi vorrei la possibilità di sfogliare una delle mie riviste preferite con il mio lettore digitale di ebooks (Kindle Touch, nel qual caso).

Mando pertanto una email al servizio abbonamenti del Gruppo Espresso.

micromega abbonamento kindle

 

Dopo tre giorni, ecco finalmente la risposta, che spacchetto felice come un bambino a Natale.

micromega kindle

 

A quel punto, con la morte e la delusione ancora nel cuore, mi sento in dovere di inviare questa mail (scrivo questo post come infantile risarcimento intellettuale per quella che ritengo una brillante replica. Ecco, ho sfogato la mia aggressività frustrata da lettore impotente. chiedo scudo)

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News e contenuto sponsorizzato: tenere le due chiese separate?

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Ho appena trovato questo blog post sul sito della Reuters che parla di ciò che in gergo si chiama advertorial (o, nella sua evoluzione moderna, native advertising) cioè di pubblicità mascherata da contenuto editoriale, e del complesso rapporto redazioni che faticano a fare quadrare i conti e tali demoniache tentazioni che si presentano sacchi di dollari alle mani.

Felix Salmon, l’autore del post, prende l’esempio di Quartz, che oltre ad avere uno dei design più fighi di sempre, è all’avanguardia per quanto riguarda strategie di monetizzazione dei contenuti, user experience e integrazione con le piattaforme mobile.

Da quando è nato l’anno scorso con questa filosofia vincente (ciò che manca alla maggior parte delle redazioni italiane: una figura di raccordo fra sviluppo, design e prodotto editoriale)

 Developers and journalists, sometimes one-and-the-same, sit next to each other in the Quartz newsroom as we continually iterate and experiment. We know that the future of news will be written in code.

 

… nonha mai nascosto di ospitare contenuto ‘a pagamento’ nelle sue pagine pagine  HTML5 dallo scrolling virtualmente infinito. Il tutto in maniera molto trasparente (This article is written by Chevron and not by the Quartz editorial staff), come si usa fare in America, dove ad esempio i partiti ricevono laute donazioni da lobbies come quella delle armi, ma il tutto è accettato in nome del santo principio della trasparenza.

L’advertorial, scrive Salmon, è una filosofia vincente nel senso che Quartz ha contenuto extra da pubblicare in pagina con pochi sforzi di editing, ottiene pile di cash dallo sponsor e lo sponsor, in cambio, ottiene un’esposizione mediatica a cui altrimenti sarebbe difficile aspirare.

pile of cash

 

Quartz, proprio come Fortune, sembra aver tratto le conseguenze da come vanno le cose giù in strada, nella vita reale, dove per ogni giornalista americano ci sono 9 professionisti della comunicazione meglio pagati che sgomitano per attirare l’attenzione e persuaderlo a pubblicare qualcosa per una qualche compagnia (flack-to-hack ratio). Scrive Salmon che esiste già un luogo della rete in cui i vari brands possono mettere in vetrina il proprio contenuto editoriale promozionale, ed è Linkedin, ma stare sulle colonne di Forbes, Fortune o Quartz è ovviamente tutta un’altra cosa – un investimento del valore di 250,000$ fino al milione di dollari a pezzo, per l’esattezza.

Ovviamente più il contenuto sembra autentico, continua l’articolo, più lo sponsor è disposto a pagare. La pubblicità perfetta, nel migliore dei mondi possibile, è ovviamente l’endorsement volontario da parte delle redazioni: un articolo genuino (ergo, non commissionato) su quanto sia buono un prodotto e quanto sia conveniente per il consumatore/investitore drizzare le antenne.

Una buona recensione, insomma.

Da tutto questo possiamo trarre alcuni interrogativi (editoriali, morali, commerciali) per le nostre redazioni italiane 2.0 che cercano la quadratura del cerchio, soprattutto a livello economico:

  • quale la linea da tracciare per non perdere credibilità, rispetto e indipendenza editoriale di fronte ai lettori? Meglio la franchezza e la trasparenza made in USA  – che consentono almeno di pensare ad un modello di crescita economica alternativa – o una falsa ipocrisia a riguardo, salvo poi pubblicare o non pubblicare ciò che fa comodo a questo o quel gruppo industriale/politico secondo tradizionali e implicite dinamiche che si modellano sui consueti ed accettati rapporti di forza giornale-politica-industria?;
  • quale e quanto contenuto advertorial conviene ospitare alla piccola/media/grande redazione?  Non bisogna fare voli pindarici e pensare di ospitare contenuto promosso dalla perfida BP sulle colonne del Gazzettino di Mantova. Possiamo pensare alla clinica per la perdita di peso che paga per avere uno spazio settimanale in pagina ottenendo in cambio visibilità – mentre il piccolo giornale online ottiene di fornire un servizio alla propria community e fare cassa;
  •  quante e quali risorse umane di redazione vanno allocate o prestate al dipartimento marketing? quanto è necessario che l’uno e l’altro inizino a pensare come entità legate da un comune destino? 
  • evoluzione e sviluppo di modelli editoriali dietro paywall diretti a grandi aziende ed esperti di settore – ie, creazione di community a là Linkedin, con accesso esclusivo e community managers dedicati, dove l’advertorial può finalmente trovare pace e accettazione – modelli finora sviluppati solo da realtà del calibro di WSJ, FT o Sole24Ore;
  • suggerimenti…? 

Badate bene, da giornalista quale sono continuo ad avere una bassa stima del contenuto ‘comprato’ – e di coloro che, dovendo portare a casa la pagnotta, sono purtroppo costretti ad offrirlo. Resto tuttavia convinto che non si può licenziare la conversazione e la sfida che il modello advertorial pone con una scrollata di spalle, dall’alto di una incorruttibilità morale più supposta che riconosciuta.

Spero qui di dare il via a una conversazione, stimolando il dibattito sulle migliori pratiche di integrazione fra 

  • contenuto editoriale
  • marketing e visione commerciale
  • sviluppo, progettazione e design

++ A voi la palla ++  

UPDATE @gillafiume mi segnala questo articolo di Mashable 

Can Content Marketing Save Journalism

 

Call it what you want — content marketing, native advertising, brand publishing – but the idea that advertisers can create editorial content has gained an amazing amount of momentum over the past two years.

The Onion and Gawker are but two examples on a laundry list of new media companies that have realized the earning potential of the agency model.

John McCarus, SVP and practice lead of brand content at Digitas, described companies likeVice as “an agency solutions company cloaked in a media model.” BuzzFeed employs an in-house editorial team of over a dozen people dedicated solely to creating content for its advertisers. Even The Atlantic – at 156 years young, hardly an example of a new media johnny-come-lately – has created Atlantic Media Strategies, an internal team dedicated solely to creating agency solutions for brands.

One thing is certain: Editorial expertise matters, and publishers have it in their DNA. Ad agencies maintain expertise in a lot of important fields that publishers can’t match, but communicating with customers in a trusted manner is not one of them.

The question is whether these agencies and ads – with their roots in journalism but their fealty to brands – will be able to coexist inside a traditional publisher, without polluting its editorial credibility. As blogger Andrew Sullivan pointed out, “[…] if advertorials become effectively indistinguishable from editorial, aren’t we in danger of destroying the village in order to save it?”

 

@gianlucamezzo aggiunge questo link alla discussione, e questo – che è esattamente ciò di cui stavamo parlando.

As a colleague of mine quipped, “No one’s content with the ship sinking, they want to burn each other alive as it does.” […] Our goal is clear: to build a sustainable model for advertising-supported journalism. That brings me to our 1,000 contributors, a curated network of entrepreneurial journalists, authors, academics, topic experts and other knowledgeable content creators. All are building individual brands and communities around their name. Here’s how it’s working for them, paychecks and all…. Read here.

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Il digital divide – confronta i due ….. (che)?

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Un esempio di come  io stesso sia stato ingenuo ieri sera nel postare questa foto immediatamente senza le necessarie verifiche: la foto di sopra è del FUNERALE del papa, quindi ovviamente di tutt’altro tono rispetto alla foto di sotto. Una differenza importante messa il luce dal Washington Post.

Ancora una volta, l’importanza della verifica prima della pubblicazione. 

grazie @sirlisko per la segnalazione dalla pagina FB del Tirreno

Non fatevi ingannare da questa foto (nè dalla penicillina)

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Marrakech, mercato della Djemaa el Fna.

Tutto bello e scintillante, per carità, salvo poi beccarmi la consueta Venganza di Montezuma al sapor di cumino. Associata ad un’altra infezione epidermica all’orecchio, posso dire di essere tornato dal Marocco con più patologie che souvenirs.

Per fortuna in Inghilterra c’è il servizio sanitario nazionale, il tanto celebrato NHS – protagonista come ricorderete anche della cerimonia di apertura delle scorse Olimpiadi londinesi.

Dopo alcune peregrinazioni stile-idraulico che non starò qui a raccontare (tipo un dottore che non può darmi appuntamento se non per alcuni giorni a venire, ergo: quando sarò già morto o già rinsavito), riesco a beccare la walk-in-clinic che può ricevermi. La dottoressa mi dice  – in maniera molto professionale e poco allarmistica – che se avessi aspettato di più l’infezione epidermica all’orecchio si sarebbe propagata al cervello, notoriamente lì vicino.

Grande Spavento.

Per fortuna mi viene data una botta di antibiotici stile penicillina e una crema antibiotica stile crema.

Tutto Bene, penso.

Salvo poi leggere che l’antibiotico che prendo oggi potrebbe risultarmi fatale un domani, se dovessi tagliarmi un dito. 

L’ipocondriaco che è in me esulta di gaudio. Nel frattempo hanno anche eletto un nuovo Papa (“calcio e tango le sue passioni”), ma di questo scriverò un’altra volta.

Prima arriveranno le foto e un piccolo reportage puzzone sulla vacanza surf on the road molto yeah.